Xenofemminismo – Pelle queer maschere straight – Smagliature Digitali

Tavola rotonda con le autrici e curatrici dei libri:

Xenofemminismo di Helen Hester (trad. it di Clara Ciccioni) (Nero ed. 2018)

Pelle queer maschere straight. Il regime di visibilità omonormativo oltre la televisione. Di Antonia Anna Ferrante (Mimesis 2019)

Clara Cicconi e Valentina Greco co-curatrice di Smagliature Digitali (ed.Agenzia X 2018) ne parlano assieme a HackLabBo di Xm24 .

Domenica 26 ore 17.00

 

In un’epoca fatta di accelerazione tecnologica e crescente complessità, come tornare a immaginare il potenziale emancipatore del femminismo? E in che modo possiamo riconfigurare le politiche di genere in un mondo trasformato da automazione, globalizzazione e rivoluzione digitale?

Sono queste le domande da cui parte Helen Hester, tra le fondatrici di Laboria Cuboniks, il collettivo a cui già si deve l’acclamato Manifesto xenofemminista. In questo nuovo libro, che è assieme prosecuzione e superamento del manifesto originario, Hester sviluppa una definizione dello xenofemminismo che prende le mosse da tre concetti chiave: tecnomaterialismo, antinaturalismo, e abolizionismo del genere. Hester ne sviluppa gli spunti mettendoli in relazione alle tecnologie riproduttive attuali, interrogando il rapporto tra riproduzione e futurità – ma evitando di cadere in un antinatalismo problematico – per infine concentrarsi sui possibili impieghi di vere e proprie tecnologie xenofemministe, anche a partire da esempi già appartenenti alle pratiche del femminismo storico e che possono essere rivisitati ai fini di una politica di genere orientata al futuro e a modelli alternativi di riproduzione.

Elettrizzante e visionario, Xenofemminismo è la guida essenziale a una delle più stimolanti tendenze del femminismo contemporaneo.

Helen Hester insegna teoria dei media e della comunicazione alla University of West London. Fondatrice del collettivo Laboria Cuboniks, nel 2015 è stata tra le autrici del Manifesto Xenofemminista, già tradotto in dodici lingue.

 

Pelle queer maschere straight. Il regime di visibilità omonormativo oltre la televisione. Di Antonia Anna Ferrante (Mimesis 2019)

Domenica 26 ore 18.00

 

Il volume qui proposto intende delineare i tratti di un nuovo regime di visibilità omonormativo per i soggetti queer attraverso l’analisi critica di alcune tra le più popolari serie televisive in onda negli ultimi anni. Il regime di visibilità, ovvero l’insieme delle norme che regolano la rappresentazione di alcuni soggetti, viene in questo caso qualificato come omonormativo poiché descrive la traiettoria di assimilazione dell’omosessuale nel cosiddetto mainstream, il regime culturalmente e politicamente egemonico per eccellenza. Un tempo considerati tra i soggetti più destabilizzanti per l’ordine della società, oggi gay e lesbiche sono diventati “assimilabili”, perché funzionali, al progetto di rifondare l’Occidente nel sistema neoliberista. Il regime di visibilità omonormativo fa quindi parte del progetto di normalizzazione del soggetto LGBT nel capitalismo occidentale. La ricerca, attraverso un’osservazione critica delle serie tv, si sofferma soprattutto sullo studio dei legami e della parentela, introducendo l’opportunità di ripensare alla teoria queer in una prospettiva relazionale. Questo punto di osservazione permette di considerare nella teoria queer la produzione di pratiche che contestano la normalità delle relazioni, non limitandosi quindi alla sola possibilità di performare il corpo e le identità oltre la norma. In questa ricerca – a tratti personale – tra le intimità, la cura e gli affetti, viene praticata una “svolta queer” con la quale possiamo rileggere i legami di parentela, destabilizzandone la classica relazione con il simbolismo della rappresentazione.

Antonia Anna Ferrante è una studiosa e un’attivista terrona trans-femminista queer. Dottore di ricerca in Studi culturali e postcoloniali del mondo anglofono all’Orientale di Napoli, attualmente è attiva nel Centro di Studi Postcoloniali e di Genere, collabora con il gruppo di lettura critica Feminist Futures e l’Unità di Ricerca sulle Tecnoculture, di cui cura il blog oltre ad avere organizzato, presso l’Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli, il ciclo di seminari “Postcoloniale, Queer e Femminista: appunti di lettura per una vita non fascista”. Appassionata di cultura pop, si occupa di critica femminista, queer e postcoloniale della neo-televisione e dei nuovi media, ma i suoi interessi spaziano dalla sci-fi femminista al post-porno, passando per il drag e gli album di famiglia.

Il piacere non è nel programma di scienze! educare alla sessualità oggi, in Italia (ed.Meltemi 2017)

Il piacere non è nel programma di scienze! educare alla sessualità oggi, in Italia. di Nicoletta Landi (ed.Meltemi 2017)
L’autrice ne discuterà con Babs per Non Una Di Meno Bologna, gruppo
Scuola Degenere.
Sabato ore 17.00

“Il sesso orale è quello che si fa con le parole?”; “Come faccio a capire se sono innamorato?”; “La prima volta fa sempre male?”; “Quanto deve essere lungo un pene?”; “Mi piace la mia compagna di banco, non sarò mica lesbica?” sono alcune delle domande che i ragazzi e le ragazze fanno durante le scarse ore di educazione alla sessualità messe loro a disposizione dai servizi sociosanitari e scolastici italiani. Basato su una ricerca-azione focalizzata sullo sviluppo di un percorso educativo chiamato W l’amore, il testo analizza la promozione del benessere sessuale e relazionale destinata ai più giovani nel contesto italiano contemporaneo – collocato in uno scenario internazionale più ampio – esaminandone le politiche e le pratiche educative pubbliche. Offre spunti analitico-operativi per problematizzare l’educazione alla sessualità, e per sviluppare – anche in Italia – una promozione della salute affettiva e sessuale integrata e capillare.

Nicoletta Landi è antropologa, ricercatrice e formatrice sui temi della promozione della salute sessuale per adolescenti e adulti. Formatasi presso l’Università di Bologna, si interessa di sessualità, salute, adolescenza, identità, genere, educazione. A competenze analitico-operative proprie della ricerca- azione, associa abilità nello sviluppo e conduzione di percorsi formativi. È particolarmente interessata all’implementazione del ruolo dell’antropologia nel dibattito pubblico.

Il Re di Bangkok. Di Claudio Sopranzetti, Sara Fabbri, Chiara Natalucci. (Add Editore 2019)

Il Re di Bangkok. Di Claudio Sopranzetti, Sara Fabbri, Chiara Natalucci. (Add Editore 2019)
Sara Fabbri ne parla con Joe1
Sabato 25 ore 18.00

Il Re di Bangkok racconta la storia della Thailandia contemporanea attraverso la vita di Nok, un vecchio ambulante cieco che vuole andarsene dalla città. Seguendolo per le vie della megalopoli thailandese e lungo i sentieri della sua memoria, questo graphic novel ricostruisce un viaggio tra le baraccopoli dei lavoratori migranti, i campi di riso dell’Isaan, i villaggi turistici di Kho Phangan, e le rivolte popolari tra i grattacieli della capitale.
Basato su più di dieci anni di ricerca antropologica, Il Re di Bangkok parla di migrazioni e famiglie lontane, del progresso che consuma il Paese e di come le onde della storia sollevano, travolgono, o inghiottono le persone comuni.

«Tuo padre sta morendo e tu stai qui a drogarti con il suo amuleto al collo…»
«Non dormivo più. Ogni mattina all’alba tornavo nella mia baracca e collassavo…
Mio padre, l’uomo che si è sempre preso cura di me, non c’è più. Vedo la sofferenza di Gai, ma è come se fosse sott’acqua, attutita e distante. Non sento niente. Provo a ripetermi che ho fatto esattamente quello che dovevo: lavorare e mandare soldi. Ma ogni centesimo mi ha reso più distante, mi ha fatto cadere più a fondo. Il monaco aveva detto che tutto cambia, che niente rimane uguale per sempre, ma questa gabbia che mi sono costruito attorno sembra estendersi all’infinito. Gai continua a chiamarmi, vuole che torni da lei e da nostro figlio. Io vorrei soltanto scomparire, sciogliermi nel cemento che gettavo ogni giorno credendo di dare loro una vita migliore mentre costruivo solo muri più alti.» – Il Re di Bangkok

Una cosa oscura, senza pregio. Di Andrea Olivieri (ed. Alegre 2018)

Una cosa oscura, senza pregio. Di Andrea Olivieri (ed.Alegre 2018)
L’autore ne parla con Wu Ming1
Sabato 25 ore 20.00

Ricordiamo Louis Adamic soprattutto come l’autore di un libro «di culto», di quelli che è facile fraintendere, che a maneggiarli scottano le dita, che incatenano i loro autori a immagini stereotipate: Dynamite: The Story of Class Violence in America, scritto nel 1931 e riscritto nel 1934.
Eppure, prima di trovare una morte enigmatica negli Stati Uniti della «caccia alle streghe», Louis fu tante persone, forse troppe: inquieto adolescente sloveno nell’impero austroungarico, migrante transatlantico in cerca di fortuna, americanissimo scrittore on the road, padre mai riconosciuto del New Journalism, cantore delle comunità meticce dei nuovi proletari (un Jack London mitteleuropeo tra gli scioperi degli Industrial Workers of the World), agitatore politico e infine sostenitore della Iugoslavia del maresciallo Tito.
Una storia, molte storie a cavallo tra due continenti, tra i mostri del ventre d’Europa e l’American Dream spazzolato contropelo.
Andrea Olivieri ha costruito un oggetto narrativo dove ogni capitolo è un campo minato, una narrazione ibrida squassata da continue esplosioni. L’autore non solo ricostruisce la storia di Louis nella sua complessità, ma ne adotta il metodo giornalistico e la poetica, ibridando fiction e non-fiction, e ne incrocia le traiettorie con quelle di altri proletari “meticci”, vissuti in una zona dai confini incerti e dunque dai molti, troppi nomi: «Litorale adriatico», «Primorska», «Venezia Giulia», e chissà quanti altri.
In uno sviluppo sorprendente, la biografia di Adamic dialoga con la storia di famiglia dell’autore. Famiglia di operai antifascisti e partigiani, protagonisti di un’epopea tra la Via Flavia e il West, nomadi tra i porti e cantieri navali di Monfalcone, Trieste, Fiume.
Seguendo le vicissitudini di Albano e Leda, i nonni partigiani, Olivieri ci accompagna lungo le strade di un’umanità brulicante alla Dos Passos, in una borderland dove l’«identità nazionale» è continuamente messa in crisi, i confini sono mobili e ogni lingua è lingua franca. Un mondo di solidarietà di classe e internazionalismo, che grazie a queste pagine torna a ispirarci.
Una cosa oscura, senza pregio è l’esito di anni di ricerche, è un libro d’esordio che lascerà un segno, è un’opera luminosa e dai molti pregi.

Credo di aver capito una cosa però, che a lui doveva essere molto chiara. Decenni di dittatura, di violenze e di soprusi, e anni di guerra, di torture e di stermini, avevano messo in moto una macchina di odio e di vendetta, disponibile al sacrificio, determinata. Una cosa oscura, senza pregio, una cosa facile da mettere alla berlina e da disprezzare. E come era inevitabile, in alcuni casi quella macchina aveva finito per andare col pilota automatico, come un camion in corsa non si sarebbe fermata in pochi metri, men che meno fingendo che non fosse accaduto nulla.

Andrea Olivieri (Trieste, 1969) è ricercatore e lavoratore culturale freelance. Prima che gli Stati Uniti gli negassero il visto per motivi politici, ha potuto consultare diversi archivi, seguendo le tracce di Louis Adamic attraverso l’America.

 

La buona educazione degli oppressi, piccola storia del decoro. di Wolf Bukowski (ed.Alegre 2019)

La buona educazione degli oppressi, piccola storia del decoro.
di Wolf Bukowski (ed.Alegre 2019)
L’autore ne parla con Giulia Fabini (UniBo)
Venerdì 24 maggio ore 18.30

È in corso da anni una guerra, combattuta tra le strade delle città, contro poveri, migranti, movimenti di protesta e marginalità sociali. Le sue armi sono decoro e sicurezza, categorie diventate centrali nella politica ma fatte della sostanza di cui son fatti i miti: Furio Jesi chiamava idee senza parole gli artifici retorici di questo tipo, con cui la cultura di destra vagheggia fantomatici «bei tempi andati» di una società armoniosa. Lo scopo è cancellare ogni riferimento di classe per delimitare un dentro e un fuori, in cui il conflitto non è tra sfruttati e sfruttatori ma tra noi e loro, gli esclusi, che nel neoliberismo competitivo da vittime diventano colpevoli: povero è chi non si è meritato la ricchezza. Il mendicante che chiede l’elemosina, il lavavetri ai semafori, il venditore ambulante, il rovistatore di cassonetti, dipinti come minacce al quieto vivere.
I dati smentiscono ogni affermazione ma non importa, la percezione conta più dei fatti: facendo appello a emozioni forti, come la paura, o semplificazioni estreme, come il «non ci sono i soldi» per le politiche sociali, lo scopo delle campagne securitarie diventa suscitare misure repressive per instillare paure e senso di minaccia. A essere perseguita non è la sicurezza sociale, di welfare e diritti, ma quella che dietro la sacra retorica del decoro assicura solo la difesa del privilegio. Sotto la maschera del bello vi è il ghigno della messa a reddito: garantire profitti e rendite tramite gentrificazione, turistificazione, cementificazione, foodificazione.
Wolf Bukowski ripercorre come l’adesione della sinistra a questi dogmi ha spalancato le porte all’egemonia della destra. Una perlustrazione dell’«abisso in cui, nel nome del decoro e di una versione pervertita della sicurezza, ci sono fioriere che contano come, e forse più, delle vite umane».

Perché sdraiarsi su una panchina sarebbe indecoroso e incivile? Perché una persona civilizzata non lo farebbe. Perché una persona civilizzata non lo farebbe? Perché è indecoroso e incivile. Tutte le apparenti spiegazioni si alimentano (e quindi si annullano) a vicenda, e il residuo che lasciano è solo la sagoma del noi che si arroga il diritto di scacciare loro, gli altri.

Autore
Wolf Bukowski è guest blogger del sito dei Wu Ming, Giap, collabora con Internazionale ed è autore per Alegre di La danza delle mozzarelle (2015) e La santa crociata del porco (2017).

Laboratorio – Drink&Draw + Proiezione Sala Cinema

DRINK & DRAW
a cura di Checkpoint Charly in collaborazione con Tecnica Mista
Venerdì 24 / ore 18.00 /
Offerta libera
Drink & Draw è un momento di disegno libero e collettivo in compagnia degli animatori berlinesi ospiti a Bologna nell’ambito del progetto Be2Bo, a cura di Tecnica Mista e Checkpoint Charly. Un’occasione per conoscere il lavoro – tra una birretta e l’altra – dei collettivi: Talking Animals (www.talkinganimals.de) / monströös (monstroos.com) / Sticky Frames (www.stickyframes.de) / Studio Torp (www.studiotorp.com)
A seguire, proiezione dei corti animati di Talking Animals (ore 21.00, palco bar)
Talking Animals
Talking Animals è un collettivo di animatori nato a Berlino nel 2009.
La loro produzione spazia dal cortometraggio ai video musicali, dal documentario alla pubblicità. Talking Animals realizza progetti sia in animazione tradizionale 2D sia in 3D, cutout e stop motion.

Laboratorio – Sun Printing

Sun Printing. Laboratorio di cianotipia

La cianotipia è un antica tecnica di stampa, che utilizza i raggi solari per riportare l ombra di immagini e oggetti su carta.
In questo workshop(sole permettendo) con fiori e piante raccolte nei dintorni , ogni partecipante potrà sperimentare questo metodo di stampa.

Nei giorni di sabato 25 e domenica 26 verranno eseguiti 2 turni di laboratorio, a seconda dei partecipanti. Ad ogni turno parteciperanno massimo 10 persone, dando ampio spazio per approfondire la tecnica.

Gli orari saranno 15-17; 17-19.

Offerta libera

Il laboratorio sarà tenuto da Aurora_bkm in R. Arts. Per info e iscrizioni potete scrivere a xmole@oziosi.org con oggetto “LABORATORIO: CIANOTIPIA”

 

 

CTONIOPHONIE

CTONIOPHONIE

performance di Nicola Amato e 52-Hearts Whale

 

Domenica 26 ore 17.00

CTONIOPHONIE è una performance di Nicola Amato e Jacopo Mittino basata sul concetto di segno e forma, interconnessa con suoni sotterranei (da qui ctoniophonie) ricreati dall’uso di strumenti non prettamente musicali.
Lo spazio, che assume il ruolo principale di paesaggio sonoro, viene scandito da due lastre di alluminio e una chitarra appese al soffitto, strumenti che, contemporaneamente assumeranno ruoli ora musicali ed ora installativi, verrano suonate come fossero percussioni, sia dagli artisti che dal pubblico (che verrà coinvolto direttamente nell’azione, da qui l’abbattimento della parete “artista attivo/spettatore passivo”). Le lastre saranno trattate con un processo di patinatura\affumicatura, in modo che ogni gesto verrà come impresso sulla superficie facendo saltare la patina e rivelando così la vera natura di quell’elemento. Visivamente assisteremo alla realizzazione di un’opera astratta, gestuale e collettiva. Ogni gesto, con le sue dinamiche sonore, verrà campionato e rielaborato in modo da rientrare nei vortici sonori presenti nello spazio: il silenzio mormorante iniziale verrà così scardinato da quei gesti, quelle azioni che adesso sono tumulti, accenti, rumori. Da qui si formerà un crescendo e, successivamente, un’interruzione improvvisa che coinciderà con la fine della performance. L’utilizzo del “noise” come forma astratta di composizione, che dai più può essere percepito come mero rumore, ha l’obiettivo di demolire la nostra percezione su ciò che è considerato musicale e ciò che non lo è, ricollocandoci in un immaginario primordiale e onirico, avvolgente ma allo stesso tempo conturbante e destabilizzante. E’ così svelata la vera essenza del noise: la funzione apotropaica che ci priva delle nostre maschere sociali, dalle costrizioni che perpetuiamo ogni giorno. Distruggendo ogni qualsivoglia precetto sociale, l’individuo prenderà coscienza dei propri confini corporei più schietti e veritieri, collocando lo stato di coscienza su di un livello più basso da quello richiesto socialmente ogni giorno.

Radio Donna – Intervento sonoro

BACK FROM THE STAKE – Against fascist attack

Progetto multimediale realizzato da Padiy, Paola Paganhate, musicista, illustratrice e femminista.

Il lavoro rievoca un momento tragico del movimento storico femminista italiano, avvenuto il 9 Gennaio del 1979: all’interno di Radio Città Futura di Roma, durante la diretta del collettivo femminista Radio Donna, una squadra di NAR armati fecero irruzione nella sede lanciando due bombe incendiarie, sparando diversi colpi di pistola e colpendo una militante ferendola sul ventre con ben cinque proiettili.

Il progetto si sviluppa da un lato in maniera visiva, con la rielaborazione della vecchia locandina di Radio Città Donna, una linoleografia realizzata da Padiy in due colori su tela di cotone con un dettaglio ricamato, riprodotta in serie limitata. Dall’altra in maniera sonora un’audiocassetta, incisa dall’etichetta diy TFTD di Bologna, con all’interno un multilivello sonoro che scorre sulla voce di una delle testimoni dell’accaduto del ‘79 mentre racconta il sopruso fascista, su cui si inserisce una traccia drone elaborata da Nàresh Ran. Nel fondo la voce di Padiy, e poi Tonto (Francesco Zedde) che chiude e mixxa la traccia.

Intervento sonoro live di Padiy, Francesco Zedde e Fikatoy   ////   set musicale e performativo fatto di sintetizzatori, radio e microfoni.

https://padiy.bandcamp.com/releases

VODKA & TENA LADY

VODKA & TENA LADY

Sala Ciclofficina

Durante la tre giorni verrà presentata la Parte audio-visiva del progetto artistico V&TL.

 

Prima di essere un progetto artistico V&TL è un atto performativo terapeutico, casalingo e quotidiano, cui Gioia Maini e nonna Giulia hanno dato corpo su Instagram dal 2010. Come in un diario multimediale di convivenza, vengono messi in scena brevi sketch in cui le due protagoniste si fanno beffa di ruoli sociali e di genere salutando festosamente l’estinzione del concetto di conflitto generazionale.
 Dopo la morte della nonna, Gioia prosegue con forza il lavoro trasformandolo in un solenne omaggio all’amata matriarca. Veste i panni che un tempo erano stati della nonna diventando soggetto di scatti sospesi tra il macabro, il grottesco e la fotografia di moda. In questi travestimenti l’oggetto cambia funzione e il gioco si fa esplicito.


In un’epoca in cui il capitalismo ha portato al trionfo di inumani egoismi senza rimorso, il lavoro di Gioia Maini svela una verità universale potente e rivoluzionaria: prendersi cura dell’altro è oggi la scelta più radicale e anticonformista che sia concesso fare.

https://www.instagram.com/vodka_and_tenalady/

  • Gioia Maini (Bologna, 1982) nasce in un ambiente ricco di stimoli artistici; disegna, cuce e fotografa fin da piccola. Si iscrive all’Istituto d’Arte di Bologna e prosegue la formazione in Design industriale a Firenze. Nel 2005 si trasferisce a Barcellona, dove vive per nove anni. Frequenta il master in Design dei Costumi per il teatro e le arti visive e lavora come costumista in produzioni cinematografiche e teatrali. Nel 2012 lancia una linea di scarpe che porta il suo nome e che promuove tra Barcellona, Londra e Parigi. Rientra in Italia per prendersi cura dell’anziana nonna. Da questa strana convivenza nasce Vodka & Tena Lady.

La mostra completa è composta anche dalle foto “post-mortem”, curata da Matilde Piazzi (http://piedaterrestudio.it/portfolio_page/vodka-tena-lady/).